40.320 Kw

Arrivare la mattina presto è stimolante, nonostante mi stia alzando per andare a lavorare. La laguna è calma, con toni rosa accesi per via dell’alba. Sò già come va la mia giornata, la pianifico in anticipo, sono un ingegnere prima nel mio stile di vita e poi nella mia professione. La routine è essenziale perché tutto funzioni a dovere. Il rumore dell’energia elettrica che ronza nell’aria mi ricorda che in quei fili scorre il frutto del mio lavoro e del resto degli operai, ed è appagante. Sala delle tramoggie, dove scorre il carbone come un fiume nero, asporto dei campioni per verificare che tutto sia nei parametri.

Salgo per la sala macchine con un occhio attento ai turbo-alternatori e continuo per la sala dei generatori di vapore, l’aria è sempre pesante ed umida. La luce che entra dalla finestra che si affaccia verso Porto Botte, mi aspetta. Mi devo fermare riprendere fiato e concentrarmi guardando il lento via vai delle persone nella strada verso Sant’Antioco. Una volta entrato sarò sommerso di dati e decisioni da prendere.

Qualcosa mi turba, so benissimo di cosa si tratta, i militari della legione DICAT stanno terminando il posizionamento della batteria antiaerea. “Basterà?” Questo pensiero mi ronza per la testa come la corrente nei cavi. Respiro forte. Il mio fumare sigari non si sposa bene col salire le scale.

Quando varco la porta della sala contorollo tutti si fermano per salutare e aspettano un gesto per riprendere le loro mansioni. Sono compiaciuto dal rispetto che tutti mi mostrano. Rispondo sempre allo stesso modo, la mia routine. Mi fermo sulla porta sorrido guardando tutti, anche se sono sicuro che il mio sorriso passi inosservato nascosto dai miei baffi alla moda, “Continuate pure”. Ma oggi è diverso. Un fischio, come un’onda di acqua fredda mi ghiaccia nella porta. La sirena. Attacco aereo.

Un attimo lungo un’eternità per pensare. Grido i miei ordini “macchine in sicurezza, tutti ai rifugi”. Lascio che tutti escano. Controllo che siano impostate le procedure nel quadro comandi e solo dopo l’ultimo ingegnere mi decido ad uscire. Corro per la scala di ferro e attraverso il ponte sulle turbine, stanno rallentando e io con loro. Il mio fiato appesantito dal gusto del fumare, non mi rende libero di correre.

Tra il calpestio delle mie scarpe e la sirena comincia a percepirsi un rumore sordo in lontananza. Aerei. Vicino alle chiuse li vedo riflessi nell’acqua. Sono come uccelli neri in planata, senza sbattere le ali si avvicinano. La sirena è sempre più forte. La strada che porta al rifugio è lunga ma libera, tutti sono al sicuro.

Settembre 1943